A normativa vigente, l’insegnamento più importante che la Finlandia può dare all’Italia è sul modo di concepire un sistema scolastico, di pensare a cosa è importante, di razionalizzare gli investimenti. Il modello finlandese dimostra che ci sono modi diversi di portare avanti un sistema scolastico. Diversi dalla concezione di scuola inglese, francese, americana o tedesca, centraliste e guidate dall’alto.
Dimostra che si possono fare riforme, con pazienza e fiducia, a geografia e geometria variabile con un processo di condivisione e partecipazione che parte dalle comunità territoriali, va al Governo e torna alle comunità territoriali per la pratica. Ogni municipalità contribuisce con il pensiero dei propri dirigenti, docenti, studenti, famiglie e amministratori realizzando il percorso di riforma nei tempi, modi e spazi che le sono più congeniali. Questo aspetto trova molta assonanza con la realtà italiana fortemente radicata nelle municipalità e nelle diversità territoriale, realtà che trova riscontro in molta normativa vigente. Infatti è possibile interpretare in questo senso, solo per fare alcuni esempi: i previsti “Ambiti Territoriali”, la Legge sull’esercizio associato delle funzioni comunali, D.L. n. 78/2010, i piani di zona, i patti territoriali, gli accordi di programma e persino la logica dei distretti industriali.
Proprio con la modalità “local to local” la Finlandia ha realizzato le sue riforme dal 1972 al 1985. Tredici anni per portare a regime il cambiamento. I 360 comuni, tutti di dimensioni medio-grandi per la Finlandia (minimo circa 30.000 ab.), hanno partecipato, cooperato, rivisto, integrato e condiviso più volte il processo delle riforme negli ultimi anni con costi molto contenuti.
Ecco, un altro insegnamento della Finlandia: gli insegnanti e la loro formazione. In molti Paesi si pensa ancora che chi ha a che fare con bambini molto piccoli non abbia bisogno di un’educazione universitaria e che per insegnare loro qualcosa basti essere un adulto e aver frequentato la scuola dell’obbligo. In Finlandia si fa il ragionamento opposto: gli insegnanti dell’infanzia e delle prime classi della scuola elementare sono quelli più formati. Migliore è la loro l’educazione, migliore sarà l’apprendimento di questi bambini e la loro formazione futura.
Queste sono le cose che hanno reso la Finlandia un modello negli ultimi dieci anni. Porsi come obiettivo l’uguaglianza nell’insegnamento significa ad esempio valorizzare il sostegno. La Finlandia ha scelto di mettere al centro l’individuo e la comunità di riferimento, e quindi di fondare l’insegnamento sulle curiosità e sui bisogni di ogni singolo studente in quella particolare comunità aperta al mondo. Qui le scuole con maggiori difficoltà, ad esempio quelle con un’alta percentuale di immigrati o con bambini i cui genitori provengono dagli strati sociali più poveri ricevono più finanziamenti. Sono queste le ragioni all’origine dei risultati migliori della scuola finlandese. L’uguaglianza a scuola in Finlandia viene presa molto sul serio.
Cosa fare in Italia? Aprirci a nuove-vecchie pratiche rifondando la scuola sui valori, ricostruendo la fiducia, esplicitando la visione della nostra scuola per questo inizio secolo. Continuare a imparare gli uni dagli altri. L’Italia ha molto da imparare dalla Finlandia, e questa ha imparato molto da noi in termini pedagogici: le teorie di Maria Montessori e il sistema preventivo di Don Bosco, l’integrazione degli studenti con disabilità, sono solo un esempio.
In Finlandia fin dalle prime classi l’intento è quello di risvegliare e mantenere vivo l’interesse per la ricerca, l’apprendimento e la creatività. In particolare, i primi sei anni della scuola dell’obbligo si concentrano non tanto sulle materie, ma sulle domande dei bambini e delle bambine.
Quali strategie adottare per cambiare, quindi? Quali passi intraprendere? È davvero possibile cambiare? L’evidenza ci dice che sì, si può cambiare. Anzi si deve farlo. Non è in discussione il quando, il tempo era ieri, bensì il come.
Scegliere la strategia di cambiamento è il primo problema che si pone chi vuole-deve affrontare una riforma scolastica. Per riuscire nell’impresa è necessario tenere presente la dimensione politica, la dimensione scolastica e la dimensione economica. Riuscire a vedere e anticipare i possibili ostacoli, evitare che una buona riforma fallisca prima ancora di vedere la luce.
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